Il Palazzo Farnese
Sorto negli anni 50-60 del Cinquecento per volere della duchessa Margherita d'Austria ai margini della città verso nord, separato dal nucleo abitativo, il palazzo comunica ancora oggi un senso di maestosa severità.
La storia
La costruzione di Palazzo Farnese si deve alla volontà della duchessa di Parma e Piacenza, Margherita d’Austria (1522-1586), figlia di Carlo V (1500-1558) e moglie di Ottavio Farnese (1523-1586).
Mentre Ottavio preferì risiedere a Parma, Margherita scelse di dimorare a Piacenza, dove volle far costruire una residenza ducale che fosse luogo di rappresentanza e simbolo della potenza della famiglia Farnese.
L’incarico di costruire la nuova residenza fu inizialmente affidato all’architetto urbinate Francesco Paciotto (1521-1591).
Nel primo progetto del palazzo, realizzato nel 1558, si proponeva di utilizzare le vecchie fondamenta del castello visconteo, fatto costruire da Galeazzo Visconti nel 1352, situato ai margini della città, verso nord, non lontano dalle rive del fiume Po. La prolungata assenza dell’architetto, e i problemi legati all’impossibilità di utilizzare le antiche fondamenta, suggerirono ai duchi di rivolgersi ad un altro architetto, legato alla casata farnese, Jacopo Barozzi detto il Vignola (1507-1573), che aveva già lavorato alla villa di Caprarola, commissionata dal cardinale Alessandro Farnese (1520-1589).
Nel progetto, datato 1561, approvato dai duchi, il Vignola pensò di ingrandire le quattro ali dell’edificio e aumentare la grandezza del cortile, abbandonando l’iniziale idea di costruire sulle preesistenti architetture viscontee. L’impresa si concluse nel 1602; la mancanza di fondi impedì la completa realizzazione del progetto, infatti la parte effettivamente costruita corrisponde a poco meno della metà dell’edificio ideato dal Vignola e mancano molti degli elementi decorativi previsti.
La decadenza del Palazzo iniziò con l’estinzione dei Farnese e il passaggio dei loro beni ai Borbone. Nel 1734 Carlo di Borbone (1716-1788), divenuto re di Napoli, trasferì quadri e arredi da Piacenza alla città partenopea.
Saccheggiato dalle truppe napoleoniche nel 1803, il palazzo venne poi occupato dai senza tetto durante la seconda guerra mondiale.
Alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, dopo anni di abbandono e di uso improprio, si crearono le condizioni per procedere al recupero del monumentale palazzo vignolesco e della cittadella viscontea, ridotti in condizioni di estremo degrado, per farne la sede delle raccolte artistiche e storiche piacentine.
Per raggiungere questi obiettivi nacque, nel 1965, l’Ente per il restauro e l’utilizzazione di Palazzo Farnese, con soci fondatori l’Ente Provinciale per il Turismo, il Comune di Piacenza, la Provincia e la Camera di Commercio.
Presidente del nuovo Ente fu nominato il sen. Alberto Spigaroli, che ricoprì tale carica sino all'agosto del 2014, data della sua morte. I primi interventi furono volti al rifacimento delle coperture e degli intonaci delle sale del lato orientale dei tre piani fuori terra e alla ripulitura degli splendidi stucchi; nelle stesse sale furono restaurati o ricostruiti i pavimenti.
Nel 1976 il complesso farnesiano, ancora di proprietà demaniale, venne concesso in deposito al Comune di Piacenza che lo destinò a sede dei Musei Civici. La prima sezione dei Musei fu inaugurata nel 1988; la struttura museale crebbe negli anni successivi fino ad ospitare le attuali sezioni.
All’inizio degli anni ’90 le sale del primo piano furono rese pienamente idonee ad accogliere le collezioni artistiche della pinacoteca, e fu effettuato il restauro della Cappella Ducale, dei locali del piano seminterrato, dell’edificio aggettante nel cortile, delle facciate esterne del Palazzo. Fu inoltre rifatta la pavimentazione del grande cortile, di indubbio pregio architettonico.
Alla fine del 2014 il Palazzo è diventato di proprietà comunale; il lavoro di tutela del complesso architettonico continua.
Il progetto vignolesco
Un modello ligneo*, che mostra in scala 1:50 come sarebbe stato il Palazzo se fosse stato completato secondo il progetto vignolesco, realizzato dall’architetto Enrico Bergonzoni, è esposto nella seconda sala del piano rialzato del museo insieme ad alcuni pannelli che illustrano la storia del progetto. La ricostruzione si rifà a otto disegni eseguiti da Giacinto Vignola, basati sul progetto paterno, inviati nel 1561 alla duchessa Margherita per l’approvazione, e oggi conservati all’Archivio di Stato di Parma. Il palazzo immaginato da Margherita doveva essere simbolo del potere appena riconquistato dai Farnese.
L’assenza di una vera e propria facciata conferisce al palazzo l’aspetto di un blocco stereometrico e richiama altre costruzioni vignolesche, come Palazzo Farnese di Caprarola e quello di Roma. Si possono istituire ulteriori confronti con il progetto contemporaneo per un'altra residenza di sovrani, il Palazzo del Louvre, progettato dal bolognese Sebastiano Serlio (1475-1554), architetto che con i suoi trattati influenzò molto il percorso del Vignola.
Le grandi nicchie diagonali, della stessa larghezza degli archi del loggiato, conferiscono maggiore ampiezza allo spazio del cortile, e trovano come illustri confronti le realizzazioni bramantesche nel Cortile del Belvedere, le soluzioni di Antonio da Sangallo il Giovane nella porta di Santo Spirito, e la crociera della Basilica di San Pietro ideata da Michelangelo, costituendo un’ulteriore elaborazione, stimolo per le generazioni successive.
Le molteplici finestre rendono intuibile il gran numero di stanze e la grandiosità degli ambienti interni: la funzionalità si coniuga con l’elegante raffinatezza.
Sul lato del cortile opposto all’ingresso doveva essere costruita la cavea del teatro all’aperto, destinato al divertimento dei duchi e della loro corte.
*Il modello ligneo è stato realizzato grazie all’Ente per il restauro di Palazzo Farnese e delle Mura Farnesiane e al Comune di Piacenza, con il contributo dell’Associazione degli Industriali di Piacenza e della Regione Emilia Romagna.
La Cappella ducale
La cappella non era prevista nel progetto del Vignola, il quale aveva ideato una serie di ambienti di culto e di oratori più modesti e di minore dimensione.
La progettazione di questo ampio spazio di culto si dovrebbe attribuire non a Bernardino Panizzari, detto il Caramosino, bensì a Lattanzio Papio, nonostante una lettera dell’ottobre 1595 firmata dal Caramosino che sollecita il duca Ranuccio I (1569-1622) ad una decisione in merito alla cappella. La realizzazione dell’ambiente dovrebbe quindi essere avvenuta sotto il ducato di Ranuccio I intorno agli anni 1597-1601.
Di forma ottogonale, con dimensioni a doppio volume che ne amplificano l’effetto complessivo, lo spazio è animato dal succedersi armonioso di superfici piane e concave.
Nella metà del ‘600 si officiavano cerimonie importanti o riservate, come matrimoni tra gli esponenti di nobili famiglie o battesimi di ebrei conversi.
Secondo quanto documentato nel Diario di Orazio Bevilacqua (1665-86) era addobbata con sontuose tappezzerie e lampadari.
Essa rappresenta uno scrigno di eleganza sofisticata, maestosa e austera nelle sue linee, nascosta e protetta dalle possenti architetture del Palazzo.
Le stanze segrete
Negli anni settanta del Novecento si è riscoperta una piccola stanza a pianta rettangolare ricavata in un mezzanino sopra l'alcova, attualmente non visitabile. Lo spazio reca una decorazione ad affresco realizzata all’inizio del Settecento da Francesco Natali. > continua
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Nel 1976 il complesso farnesiano, ancora di proprietà demaniale, venne concesso in deposito al Comune di Piacenza che lo destinò a sede dei Musei Civici. La prima sezione dei Musei fu inaugurata nel 1988; la struttura museale crebbe negli anni successivi fino ad ospitare le attuali sezioni.